La cura della malattia di Parkinson

Non esiste un trattamento in grado di modificare la progressione della malattia. I trattamenti a disposizione sono sintomatici e prevalentemente efficaci sui sintomi motori.
Il farmaco dotato di maggiore efficacia nei sintomi motori della malattia di Parkinson è la L-dopa.
La principale limitazione della terapia con L-dopa è costituita dalla comparsa (mediamente dopo 4- 5 anni di trattamento) nella fase “on” di discinesie (movimenti incontrollati, spesso invalidanti) e di episodi “off” improvvisi (“blocco” dei movimenti), non prevedibili nell’arco della giornata. Nelle oscillazioni motorie che si osservano con l’uso cronico della levodopa, il tempo “off” è definito quando un paziente ha difficoltà a muoversi, mentre quello “on” è il periodo in cui il paziente è in grado di muoversi, con o senza discinesia.
La riduzione della risposta al trattamento con Levodopa è dovuta a una progressiva degenerazione del sistema dopaminergico. Invece, le fluttuazioni giornaliere della risposta sono legate alla durata dell’effetto del farmaco e alle variazioni delle sue concentrazioni nel sangue.
Per gestire le complicanze motorie nelle fasi avanzate occorre quindi mantenere la concentrazione all’interno di una finestra terapeutica ottimale individuale, al di sotto della quale i pazienti rimangono in uno stato parkinsoniano tipico, mentre al di sopra si va incontro a discinesia.
Secondo uno studio presentato al 3° Congresso dell’Accademia Europea di Neurologia (EAN), in pazienti con malattia di Parkinson e fluttuazioni motorie trattati con levodopa, l’aggiunta di opicapone continua a ridurre il tempo “off” fino a 12 mesi di trattamento.
Inoltre, il tempo “on” senza discinesie mostra un aumento sostanziale tra i pazienti passati a opicapone da placebo o entacapone
In sostanza, l’opicapone, permette alla Levodopa in circolazione nel corpo di avere una vita più lunga e quindi di aumentarne la durata degli effetti.

Stimolazione cerebrale profonda (DBS)

Questo metodo prevede l’inserimento di un elettrodo in un punto definito del cervello. L’elettrodo viene poi collegato a un generatore d’impulsi (pacemaker) collocato sottocute nella regione anteriore e superiore del torace. Gli impulsi elettrici provocano una diminuzione dei sintomi.
Lo stimolatore può essere attivato o disattivato con l’ausilio di un telecomando. Le pile devono essere sostituite dopo 3-5 anni, recentemente sono stati sviluppati nuovi apparecchi dotati di batterie ricaricabili che possono essere ricaricate direttamente dal paziente e che durano fino a 25 anni senza dover essere sostituite.
In caso d’emergenza, tanto l’elettrodo quanto lo stimolatore possono essere rimossi.


Questo metodo, detto Deep Brain Stimulation (DBS) – stimolazione cerebrale profonda -, è la procedura chirurgica più moderna. I fattori decisivi per stabilire l’idoneità all’intervento sono il decorso della malattia, il quadro sintomatico, l’età, la situazione e l’ambiente di vita del paziente.
Gli accertamenti che precedono questo intervento sono molto approfonditi. Solitamente la decisione di intervenire chirurgicamente viene presa con grande cautela. Si ritiene che l’indicazione operatoria vada posta di comune accordo dal neurologo e dal neurochirurgo.


Questi interventi di alta precisione consentono spesso di ottenere un temporaneo, ma evidente, miglioramento dello stato di salute del paziente. Essi non possono però frenare la progressione della malattia.

La PEG I vantaggi dell’infusione continua di levodopa/carbidopa

La stimolazione dopaminergica continua si è rivelata l’approccio migliore per colmare questo “gap”. Tra le possibili opzioni attualmente disponibili, rientra l’infusione duodenale di levodopa/carbidopa (Duodopa®). Duodopa® è un gel per somministrazione intestinale continua a base di levodopa e carbidopa (rapporto 4:1), che viene somministrato per infusione intestinale tramite una pompa portatile. Il sistema è indicato nei pazienti con MP avanzata (stadio 4-5), che non sono efficacemente controllati con la terapia orale standard in termini di complicanze motorie.
Le fluttuazioni motorie e l’iperdiscinesia sono ridotte, dato che le concentrazioni plasmatiche di levodopa vengono mantenute a un livello costante nell’ambito della finestra terapeutica individuale; l’azione sulle fluttuazioni motorie e sull’iperdiscinesia viene spesso raggiunta durante il primo giorno di trattamento. 
Gli effetti positivi del trattamento sono stati dimostrati in diversi studi, da cui emerge in sintesi come l’infusione continua permetta un aumento del tempo di permanenza nella fase ON nella maggioranza dei pazienti trattati e una significativa riduzione della durata delle discinesie A questi risultati positivi, si aggiungono anche quelli di alcuni recenti studi in cui Duodopa mostra efficacia anche sui sintomi non motori correlati alla MP. In uno studio su pazienti con età media di 58 anni e durata media di malattia di 15 anni, un evidente effetto positivo è stato riscontrato sui disturbi del sonno, sull’attenzione/memoria, sui sintomi urinari e gastrointestinali e sullo stato cognitivo Infine, va segnalato che rispetto alle altre terapie indicate per la MP avanzata (DBS, deep brain stimulation e apomorfina), l’infusione intestinale continua di Duodopa può essere utilizzata nei pazienti anziani, anche oltre i 65-70 anni, con disturbi cognitivi di grado moderato nei quali sia necessario ridurre il problema legato alla stimolazione pulsatile dei recettori dopaminergici. 
In conclusione quindi, l’infusione di Duodopa® si colloca come un’importante opzione di trattamento nel paziente in fase avanzata di malattia, in quanto in grado di ridurre efficacemente le fluttuazioni motorie (del 78 per cento) e le discinesie (74 per cento) e di migliorare la qualità di vita: elementi centrali nell’ottica della gestione clinica del paziente e di un’ottimizzazione dei costi economici e sociali. 

Apomorfina

L’apomorfina è un principio attivo in grado di esercitare una potente azione dopaminergica.
Grazie a questa sua particolare azione, l’apomorfina è impiegata per contrastare i disturbi del movimento, quando le terapie tradizionali (con levodopa) non risultano efficaci o sufficienti.
Ad oggi, l’apomorfina è disponibile solo all’interno di medicinali da somministrare per via parenterale (infusione o iniezione sottocutanea) con indicazioni per il trattamento delle gravi difficoltà di movimento causate dal morbo di Parkinson.

Quando è indicato l’uso dell’Apomorfina?
L’utilizzo dell’apomorfina è indicato nei pazienti affetti da malattia di Parkinson per il trattamento delle gravi difficoltà di movimento che si verificano più volte nell’arco della giornata e che non rispondono al trattamento con levodopa o con altri agonisti della dopamina.
A onor del vero, l’apomorfina è disponibile sia in cartucce pronte all’uso per iniezione sottocutanea, sia in forma di soluzione da somministrare per infusione sottocutanea.
L’apomorfina in cartucce per iniezione sottocutanea viene normalmente utilizzata “al bisogno” nel trattamento delle difficoltà di movimento; mentre la soluzione per infusione sottocutanea viene utilizzata quando il paziente risponde solo parzialmente alla somministrazione di apomorfina al bisogno, oppure nel caso in cui sia necessario praticare iniezioni al bisogno in maniera eccessivamente frequente per poter controllare i disturbi del movimento.

Modalità d’uso
Apomorfina per infusione sottocutanea:
L’infusione sottocutanea (praticata a livello dell’addome) dovrebbe essere effettuata solo da personale sanitario specializzato utilizzando una mini-pompa programmabile.
Apomorfina per iniezione sottocutanea:
L’apomorfina in forma di cartucce pronte all’uso per iniezione sottocutanea, invece, può essere utilizzata anche dallo stesso paziente o da chi si occupa di lui, purché vengano seguite tutte le indicazioni fornite dal medico e le istruzioni presenti nel foglietto illustrativo del medicinale che si deve utilizzare. Tali cartucce devono essere inserite all’interno di un apposito dispositivo dotato di ago che, mediante la pressione di un tasto erogatore, effettua l’iniezione in maniera automatica.

Prognosi


La malattia di Parkinson è una malattia cronica, lentamente progressiva, che coinvolge diverse funzioni motorie, vegetative, comportamentali e cognitive, con conseguenze sulla qualità di vita.
Con un trattamento appropriato, l’aspettativa di vita è considerata simile rispetto a quella della popolazione generale.

 
 

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